La
Bolivia è uno stato del Sudamerica, ha come capitale legislativa
Sucre e come capitale governativa La Paz, non ha sbocchi sul mare e
conta circa 10 milioni di abitanti. Il nome deriva da quello del
libertador Simón Bolívar, promotore nel XIX secolo
dell'emancipazione dei Paesi sudamericani dal dominio spagnolo. Le
Ande, che attraversano la Bolivia, sono la catena montuosa più alta
al di fuori dell'Asia, e la più lunga in tutto il mondo. La zona
andina del paese è situata nella parte occidentale e sono numerose
le cime oltre i 6.000 metri, tra queste il Sajama, l'Illampu e l'Illimani.
La Paz, è la più alta sede di governo al mondo a 3.660 mt. e Potosì,
patrimonio mondiale dell'UNESCO, ha il primato mondiale di essere,
tra le grandi città, la più alta a 4.090 mt. Il prodotto agricolo
più redditizio continua ad essere la coca, di cui la Bolivia è
attualmente il terzo più grande coltivatore al mondo, dopo Colombia
e Perù. La coca fa parte da secoli della cultura andina, e il
masticarla è assai comune e legale in Bolivia, tanto che ogni
famiglia ha diritto a piantare coca su un appezzamento di 40 metri
per 40. La politica interna è contrassegnata da diversi colpi di
stato negli anni sessanta, con dure repressioni sulle organizzazioni
dei lavoratori. In quel periodo, nel dipartimento di Santa Cruz, si
accesero focolai di guerriglia, capeggiati da Ernesto Che Guevara.
L' 8 ottobre 1967 il Che veniva catturato dalle forze militari nel
villaggio La Higuera ed il giorno dopo trucidato a freddo, per
ordine del dittatore boliviano, generale René Barrientos Ortuño.
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SANTA CRUZ DE LA SIERRA
(104)-08/04/2016 aereo Auckland-Buenos
Aires-Santa Cruz de la Sierra:
Un viaggio aereo interminabile mi porta in Sudamerica,
in quello che sarà il giorno più lungo della mia vita.
Parto da Auckland Venerdì 8 aprile alle 20:00 e quando
arrivo a Buenos Aires, dopo 12 ore di volo, sono le
17:00, sempre di Venerdì. L'effetto del fuso e delle 15
ore di differenza, sommate ad un ulteriore ora
all'arrivo in Bolivia, hanno fatto si che il mio 8
aprile 2016 durasse 40 ore. Santa Cruz con 2 milioni
di abitanti, è la città più popolosa della
Bolivia, l'unica non inserita nel territorio andino e
per via della bassa quota, designata come aeroporto
internazionale. Situata a 400 mt. sul livello del mare,
gode di un clima caldo e tropicale, è paurosamente
inquinata per i catorci a quattro ruote che riempiono le
viuzze, non è per niente pulita ed ha un tenore di vita
basso. Città che definirei brutta, con qualche struttura
moderna in un contesto vecchio e senza storia, dove
l'unico edificio di rilievo è la Cattedrale di S.
Lorenzo. In queste situazioni di povertà, ne giova il
turista che trova prezzi bassi nei negozi, trasporti,
ristoranti e bar, un pò meno negli alberghi. La gente è
fredda e non ama farsi fotografare e chi esagera con il
click, corre il rischio di vedersi sommerso da insulti o
pomodori.
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COCHABAMBA
(105)-13/04/2016 aereo Santa Cruz de la Sierra-Cochabamba:
Cochabamba, Ciudad de la Eterna Primavera, dista 470 km
da Santa Cruz e per questo primo incontro con il
territorio andino, decido per un comodo viaggio aereo.
Terza città boliviana con 620 mila abitanti è situata su
un altopiano nella zona centrale del paese e gode di un
clima temperato, nonostante i 2570 mt. di altitudine. In
questo periodo dell'anno ci sono le condizioni migliori
per vivere all'aria aperta, cielo azzurro, 27 gradi di
giorno e 12 di notte. Il sole picchia forte già dal
mattino, crema protettiva e copricapo sono necessari per
ripararsi dai raggi solari. La città è veramente bella,
circondata dalla Cordigliera delle Ande offre un
panorama unico dal Cerro San Pedro, dove è posizionato
il Cristo della Concordia, la statua più alta del mondo
con 34,20 mt più 6,24 di basamento. Raggiungibile
mediante una scalinata di 1399 gradini o con la
teleferica, stupisce per la maestosità e per il colore
bianco brillante. Dal Cerro lo sguardo spazia sulle
catene montuose circostanti, sulla città e sulla Laguna
Alalay, polmone importante per la conservazione di molte
specie animali. Numerose le chiese e le piazze, su tutte
la Cattedrale di San Sebastiano, datata inizio 1700 e la
Plaza 14 de Setiembre,
con la Columna de los Heroes ed El Condor de los Andes.
Il commercio è regolato da tanti negozietti, dai
venditori ambulanti e dalla Cancha, uno dei più grandi
mercati del Sudamerica. Questa immensa area comprende 4
mercati, nati quando la riforma agraria permise ai
campesinos di convertirsi in commercianti e si calcola
che in 100 mila abbiano un posto fisso o mobile. Il
monte più alto della regione di Cochabamba è il Cerro
Tunari, 5035 mt, nella Cordillera Oriental ed è qui che
entrerò nel cuore delle Ande con il mio primo trekking.
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PARQUE
NACIONAL TUNARI
La valle del Parque
Nacional Tunari è considerata una delle più belle della Bolivia per le
foreste naturali, le oltre 180 specie di uccelli, la presenza di tanti
Lama e per la grande quantità d'acqua. Si trova a pochi km da Cochabamba
ed ha nel Cerro Tunari la vetta più elevata della parte centrale
boliviana. Per questo day tour privato mi affido ad un agenzia locale,
che mi fornisce un 4x4, una guida ed una assistente ad un prezzo
elevato, essendo da solo. Si parte alle 8:00 di mattina in direzione
Quillacollo, dove inizia l'ascesa della Cordillera Oriental de los Andes.
Boschi naturali disegnano le vette fino a 3.000 mt, poi la scena viene
occupata dai Lama, i Camelidi tipici delle alte quote andine, dotati di
un incredibile resistenza per sopperire all'ossigeno rarefatto ed ai
pendii rocciosi. Macedonio ed Evelina consigliano di fare diverse soste
per acclimatarsi e si sale con calma, gustando l'incredibile paesaggio.
Dopo tre ore arriviamo oltre i 4.000 mt ed in prossimità della Laguna
Toro, abbandoniamo il Pajero ed iniziamo il trekking, accompagnati da un
bel sole ed un cielo azzurro. Dopo le foto di rito al laghetto
artificiale ed ai Lama che lo circondano, saliamo velocemente verso il
secondo specchio d'acqua, la Laguna Marquina. I miei accompagnatori si
concedono una pausa pranzo, io preferisco limitarmi ad un energetico ed
alla fotografia. Ora inizia la parte rocciosa con diversi punti con
fondo ghiaioso, il panorama è splendido e l'aria è diventata fredda.
Queste vette vedono qualche spruzzata di neve nei mesi di Giugno e
Luglio, poca roba comunque, il clima temperato ha la meglio sul generale
inverno. Il percorso è facile, nessun passaggio a rischio, non ho
problemi con l'altitudine ed arrivo tranquillo alla vetta che segna
5.020 metri. Il Cerro Tunari è proprio di fronte ma dalla nostra
posizione non è raggiungibile, si doveva salire dalla parte sud in due
giorni e molte ore di cammino. Siamo soddisfatti di essere comunque
oltre i 5.000, con Cochabamba ai nostri piedi e sullo sfondo tutta la
Cordillera Real con le vette più alte. Per quanto mi riguarda, mi sento
bene e pure fortunato, mai avrei pensato di godere uno spettacolo simile
e sono particolarmente emozionato. Ammiriamo per mezz'ora queste
meraviglie e poi ci buttiamo nella discesa senza mai fermarci, tanto che
arriviamo all'auto in meno di 90 minuti. Il tempo di liberarci dagli
indumenti pesanti e poi via verso i 2.570 della città, sempre con lo
sguardo sulla vallata e sulle montagne, che piano piano si colorano.
Questo repentino cambio di altitudine mi ha lasciato il segno alla sera,
con un forte mal di testa, a ricordarmi che in montagna non bisogna mai
avere fretta.
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SUCRE
(106)-20/04/2016 aereo
Cochabam.-Sucre:
Sucre,
patrimonio dell'umanità UNESCO, è la capitale legale della Bolivia e
sede del potere giudiziario. Gli edifici coloniali, bianchi e ben
conservati, sono la rappresentazione dello stile importato dall'Europa,
tuttora in armonia con lo sviluppo della città. La parte storica, del
XVIII° secolo, presenta una disposizione urbanistica a griglia e
racchiude le chiese di San Lazaro, San Francisco, Santo Domingo e la
Metropolitan Cathedral. La piazza principale è Plaza 25 de Mayo con la
Casa de la Libertad, dove il 06 Agosto 1825, l'assemblea costituente
dichiarò l'indipendenza della Bolivia. Punto panoramico è La Recoleta,
un monastero francescano del 1.600, affacciato su una grande piazza con
colonne di pietra. Sucre si trova in una valle a 2.790 mt, circondata da
montagne basse, gode di un clima mite e confortevole. L'assenza di
vento, provoca un inquinamento elevato per i tanti mini bus che si
intrufolano nelle strette viuzze, andando a peggiorare una situazione
viabilistica già al limite. L'aria irrespirabile è una delle poche
pecche di questa città, che pur presa d'assalto dai tanti campesinos,
che occupano marciapiedi con le loro mercanzie, cerca di mantenere
ordine e pulizia. Il mercado central e la parte storica, sono i punti
preferiti da turisti e residenti per acquisti di ogni tipo, tutto a
prezzi bassi. Anche negozi, hotel e locali di ristorazione non sono da
meno e con l'euro ogni cosa è low cost. Nel complesso una bella città,
sicura, che ogni giorno si sveglia con le voci dei campesinos, ed oltre
agli scarichi dei veicoli, lotta per scacciare l'odore amaro della
povertà.
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MARAGUA CRATER TREKKING
Le montagne che
circondano Sucre non superano i quattromila mt. Uno dei trekking
consigliati è il Maragua Crater, che si sviluppa tra i 2.800 e i 3600.
Per un tour di due giorni, mi affido ad un'associazione no profit, la
Condor Trekkers. Al ritrovo, fissato nel ristorante vegetariano di
proprietà dell'associazione, siamo in undici, oltre alle guide Roselio e
Lucero. Dopo una sontuosa colazione, in minibus partiamo alla volta di
Chataquila, che raggiungiamo in un'ora. Scaricate tutte le vettovaglie,
facciamo visita al santuario dedicato alla Virgen de Guadalupe, patrona
di Sucre. A pochi metri dal sagrato, spicca la statua di Tomas Katari,
primo rivoluzionario indios contro la dominazione spagnola, giustiziato
su questa vetta, gettato nel vuoto, legato mani e piedi. Questo è il
punto più alto del trekking ed inizia percorrendo un sentiero restaurato
denominato Inca Trail, che porta alla frazione Chaunaca. La vista è
splendida con la vallata che sembra disegnare i colori italiani, verde,
rosso e bianco, ed un cielo mostruosamente azzurro, grazie ad una
giornata splendida. Scendiamo per due ore fino ad incontrare una strada
bianca che ci porta in piano nella valle, dove il fiume ci ospita per il
picnic di mezzogiorno. Siamo a 2.800 mt. ed il caldo si fa sentire, il
sole picchia forte ed i ragazzi del gruppo, molto giovani, cominciano a
sentire la fatica rallentando notevolmente il ritmo. Passato il ponte
tibetano sul fiume, inizia la lunga salita, su sentiero stretto, verso
Maragua Crater. In salita il peso degli zaini si fa sentire ed anch'io,
caricato di cibarie per la cena, soffro con i 15 kg sulla schiena.
Roselio continua a masticare foglie di coca ed, ad ogni nativo che
incontra, deve offrirne una manciata. In Bolivia la vendita ed il
consumo di foglie di coca è legale, tutti la usano, giovani e meno
giovani, uomini e donne. Oltre a limitare l'effetto dell'altitudine, la
masticazione e la pallina tenuta tra denti e guancia, serve a combattere
la fatica e la fame. Facciamo diverse soste con il sole ormai al
tramonto e quando arriviamo a Maragua, dopo 22 km, è ormai sera. Ci
sistemiamo in casette in pietra, accoglienti e con letti comodissimi,
l'ideale per ricaricare le batterie. Cena preparata da Lucero con piatti
tipici boliviani, tisane con erbe locali, uno sguardo alla stellata e a
letto presto, con la sveglia puntata alle sette. Al mattino, dopo la
colazione, mi guardo intorno per capire come mai, questo posto sperduto,
abbia la denominazione di Crater. In effetti è un grandissimo pianoro
circondato da montagne e dall'alto, ha proprio la sembianza di un
cratere. Si riparte in salita per ammirare il panorama da una collina
centrale, dove troviamo il cimitero con i parenti che accudiscono le
tombe dei propri cari. Per tradizione si va sulla tomba non solo per
pregare, si sta vicino al defunto consumando cibi e bevande. Anche
questo secondo giorno è fantastico, cielo azzurro, sole, temperatura
mite ed un posto unico, un imbuto a tremila metri dove gli andini vivono
grazie agli animali ed alla terra che coltivano, con l'uso dei buoi. Ci
fermiamo a visitare un piccolo museo privato, con annesso spettacolino
canoro in quechua, la lingua andina ufficiale in Bolivia, e nativa
americana più estesa in tutto il mondo. Superate le poche case che
formano la frazione di Potolo, si sale per diversi km tra pascoli e
campi di granoturco, fino a lasciare il Maragua Crater ed iniziare un
breve tratto di discesa che ci porta al ricongiungimento con il minibus.
Ci facciamo l'ultimo spuntino all'ombra di un grosso albero e via per
due ore di strada polverosa, piena di saliscendi e tornanti da brividi,
a filo del bordo carreggiata, senza protezioni. Arriviamo a Sucre nel
pomeriggio e finisce questo trekking ad alta quota, che per le
caratteristiche del percorso, sembra più un collinare. Quello che più mi
ha stupito è il cielo azzurro per tutto il tempo, non si è vista una
nuvola, a differenza delle nostre montagne, dove il cambio delle
condizioni meteo, è una cosa normale.
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POTOSI'
(106)-26/04/2016
minibus Sucre-Potosì:
Potosì con
4.090 mt. slm, è la più alta città al mondo. Incollata alla montagna ha
tutte le strade a senso unico, in salita o in discesa e questo rende
particolarmente difficoltoso muoversi a piedi. L'altitudine e la
mancanza di ossigeno, si manifestano con il fiatone, battito cardiaco
accelerato, mal di testa ed insonnia. Ne ho sofferto i primi giorni poi
il tutto si è limitato a respiri profondi e spossatezza. Terra di
minatori ha nel Cerro Rico il simbolo della città, che con 4.782 mt e la
sua forma conica, è la prima cosa che vedi appena ti avvicini a Potosì.
Nelle sue viscere si trova la miniera con km di cunicoli, ricavati con
esplosioni di dinamite, per estrarre l'argento che serviva agli
spagnoli, per finanziare le guerre. Nel XVI° secolo la scoperta dei
primi filoni d'argento, ed in breve tempo la città crebbe a dismisura,
divenendo la più grande del sudamerica. Come manodopera vennero
utilizzati indigeni, costretti al lavoro obbligato e non retribuito, con
turni di 20 ore giornaliere, in condizioni terribili. Nella miniera si
utilizzava il mercurio per amalgamare l'argento ed il contatto con le
mani ed i piedi nudi, oltre all'inalazione dei vapori tossici, provocava
la morte nel giro di quattro anni. A questo si univano casi di silicosi
e crolli delle gallerie, per un totale di circa otto milioni di decessi
in 5 secoli di attività. Wilson ha lavorato 22 anni nella miniera e ci
fa da guida per una visita particolarmente toccante nelle gallerie del
Cerro Rico. Oltre a me c'è un ragazzo svizzero e salendo verso la
montagna in pulmino, ci fermiamo nel villaggio dei minatori. In uno dei
tanti negozi, Wilson ci mostra le cose necessarie per chi entra in
miniera a lavorare: foglie di coca, alcol puro al 96% e candelotti di
dinamite provvisti di detonatore. Se la vendita libera di un sacchetto
di foglie di coca e di un litro di alcol a 3 euro non ci sorprende, ci
lascia esterrefatti la possibilità di acquistare la dinamite allo stesso
prezzo. E difatti il mio compagno d'avventura si prende un candelotto di
dinamite con detonatore, come ricordo. Riprendiamo la corsa ed andiamo
in un deposito dove veniamo forniti di tuta, stivali, casco con frontale
e mascherina e quindi su verso i 4.300 mt. Arriviamo all'ingresso della
miniera mentre stanno uscendo due pesanti carrelli, carichi di pietre e
spinti a mano da sei persone. Da circa due secoli la miniera funziona a
ritmo ridotto e solo con gente del posto, che organizzata per
cooperative, si spartisce l'utile. Non per questo la vita nella miniera
è cambiata, si muore precocemente e per sopportare le ore lavorative, si
masticano foglie di coca e si beve alcol puro. I cunicoli non sono
illuminati e la frontale segna la via, mostrando l'inferno che c'è con
l'ossigeno sempre più rarefatto ed i gas tossici. Spesso bisogna
accovacciarsi, le gallerie devono avere lo spazio per movimentare i
carrelli, le persone passano in secondo piano e dove incontriamo i
minatori al lavoro, la polvere intasa tutto l'ambiente. Siamo nel tardo
pomeriggio e purtroppo iniziamo ad incontrare minatori allo stremo delle
forze, in crisi respiratorie ed esausti. E' solo vera, cruda realtà di
gente che si tramanda il lavoro di padre in figlio, che grazie alla
vendita dell'argento può vivere decentemente, pur consapevoli che
l'aspettativa di vita è di 50 anni. Saliamo tre piani mediante scale a
pioli ed arriviamo di fronte a Tio Benito, il Dio che oggi è il loro
protettore e che invece gli spagnoli usavano per intimorire gli
indigeni. In un cunicolo i minatori hanno eretto una statua in suo onore
e giornalmente gli portano foglie di coca, alcol e sigarette. Wilson
offre i doni con il rituale in lingua quechua per ingraziarselo,
dispensando preghiere ed auspici anche per noi. Arrivano altri minatori,
ormai alla fine della giornata, con sulle spalle sacchi pesantissimi
pieni di pietre con tracce d'argento. Sono in condizioni pietose e si
siedono con noi chiedendo acqua, sigarette, alcol e coca. Mentre ci
scambiamo qualche parola in italoispanico resto impressionato dalle
mani, dai denti, dalle labbra tumefatte e dagli occhi socchiusi. Mi
chiedono che lavoro faccio e spiego che son retired e che soprattutto
son fortunato per aver avuto un'occupazione decente. La fortuna sta nel
posto dove si cresce e vedendo questi poveri minatori che sacrificano
parte della loro vita, pur di continuare le tradizioni di famiglia,
veramente non mi passa per la testa di lamentarmi. Insieme ci avviamo
verso gli ultimi 500 mt, dopo un paio d'ore in condizioni estreme ed una
volta usciti, tiro un bel sospiro di sollievo e non solo per rinfrescare
i polmoni. Esperienza forte, che inevitabilmente ti fa riflettere, con
il pensiero che va ai milioni di minatori che non ce l'hanno fatta,
tanti obbligati ma altrettanti consapevoli dei rischi e fieri del
proprio lavoro. La visita a Potosì potrebbe chiudersi qui, ma sono tante
le cose da vedere, come il palazzo della Moneda, le chiese del 1.600, i
mercati, i vicoli e piazza 10 de Noviembre. E poi il trekking breve,
autogestito, al Ojo del'Inca, un laghetto termale, con acqua calda, a
4.300 mt. Per arrivare alle splendide montagne che ospitano il piccolo
specchio d'acqua, ho preso un bus pieno di campesinos, fasci di legna,
borse di ogni genere, al modico prezzo di 50 centesimi di euro per 35
km. Vista meravigliosa, con il blu del cielo che mi impressiona sempre
più e lo è per tutti i 7 giorni di permanenza a Potosì. Sempre la stessa
fotografia, cielo spaventoso privo di nuvole, assenza di vento, sole e
18 gradi di giorno, la sera 8 e di notte -2. Finora Cordigliera delle
Ande fantastica, sono entusiasta e mi sa che in questo anno in
sudamerica, la maggior parte del tempo la passerò nei territori andini.
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SALAR DE UYUNI
(107)-03/05/2016
bus Potosì-Uyuni:
Da Potosì a
Uyuni ci sono 200 km e scelgo un bus di linea boliviano.
Il fondo stradale è in buone condizioni, il tragitto
tutto oltre i 3.800 mt. si rileva scorrevole nonostante
i tanti tornanti, il panorama è splendido tra contrade
sperdute ed animali al pascolo. Uyuni è una cittadina di
ventimila anime con un altitudine di 3.669 mt. ed è
famosa per il deserto di sale a cui dà il nome. Il Salar
de Uyuni è la salina più grande e più alta al mondo,
40.000 anni fa era coperto dal lago Minchin. Quando
l'esteso lago preistorico si prosciugò, si formò
l'imponente distesa che si stima contenga 10 miliardi di
tonnellate di sale, di cui meno di 25.000 vengono
estratte annualmente. Ricco di litio, potassio e
magnesio, è formato approssimativamente da 11 strati con
spessori che variano da due a dieci metri ed ha
un'estensione di 10.500 metri quadrati. Per visitare
questa meraviglia mi affido ad uno dei tanti tour
disponibili nel centro città, tre giorni e due notti tra
la bianca distesa ed i suggestivi scenari delle Ande.
Sulla 4x4 guidata da Alberto siamo in sei e dopo una
breve visita al cimitero delle locomotive ed alle
bancarelle artigianali di Colchani, ci addentriamo nel
deserto di sale, con un bel sole ed il solito cielo
azzurro. Lo strato iniziale è ridotto e sembra di essere
sulla neve poi man mano che i km scorrono, aumenta di
spessore, prende le sembianze del ghiaccio ed il sale
cristallizzato forma dei pentagoni. La bianca spianata è
teatro della Dakar ed in prossimità del hotel di sale,
un'enorme statua ricorda il passaggio della gara, che si
sviluppa tra Bolivia ed Argentina. Dopo un buon pranzo a
base di Quinoa, di cui mi sto facendo una scorpacciata
con insalate, zuppe e pizze, riprendiamo il viaggio con
destinazione Isla del pescado. Incahuasi è un isolotto
all'interno del Salar la cui forma ricorda un pesce,
caratterizzata da enormi cactus, raggiunge i cento metri
ed è composta da sedimenti calcarei marini e materiale
vulcanico. La giornata finisce con il tramonto e
lasciamo il deserto per passare la nottata a San Juan,
in una sistemazione interamente di sale. Al mattino
partenza alle 7:30 e dopo un'ora ci troviamo a cento
metri dal confine con il Cile, ormai il Salar è lontano
ed il territorio andino ci accompagnerà per i restanti
due giorni. La jeep macina km su strade sterrate
impossibili, teatro anch'esse della Dakar, ammiriamo il
vulcano Ollague con la fumarola che sale in cielo, le
lagune (laghetti) Cachi e Ckara, popolate da Flamencos
andinos. A 4.700 mt splendida vista dal Silioli desert
sulla montagna dei sette colori, dove furono girate
scene di un film di James Bond. Dopo l' Arbol de Piedra,
entriamo nella Reserva Nacional de Fauna Andina Eduardo
Avaroa e ci fermiamo alla Laguna Colorada, un laghetto
dalle acque rosse per la pigmentazione delle alghe
presenti e la reazione di alcuni minerali. L'alloggio
per la notte, all'interno del parco, è a 4.300 mt, non
ha riscaldamento e di notte la temperatura è
abbondantemente sotto zero. Per fortuna il letto è
comodo e con tre coperte pesanti si dorme fino alla
sveglia puntata alle 4:30. La Jeep ha il parabrezza
ghiacciato, Alberto per sbrinarlo velocemente appoggia
sul cruscotto una bottiglia di plastica con acqua calda
ed in un attimo la sua parte diventa visibile. Si parte
con il buio salendo a 5.000 mt dove troviamo i Geiseres
Sol de Manana, caratterizzati da pozze di fango bollente
e fumarole sulfuree. Spettacolare il contesto in
particolar modo per una ventina di vette oltre i 5.500
ed altrettante appena sotto. Si continua scendendo di
qualche centinaia di metri a Hot Spring, una piscina di
acqua calda naturale, dove in molti fanno il bagno, poi
Laguna Honda, Laguna Verde ed il Salvador Dali desert.
Le vette oltre i 5.000 non si contano più, tante sono
condivise con il Cile ed in lontananza si vedono le
vette argentine. Dopo questa raffica di emozioni e
laghetti che con il sole si liberano del ghiaccio
notturno, facciamo una lunga tirata di sei ore,
interrotta solo per il pranzo al sacco, tra le rocce
vulcaniche della Valley of de rock. Arriviamo ad Uyuni
nel tardo pomeriggio, stanchi ma estremamente
soddisfatti per una tre giorni fantastica, tra il
bellissimo Salar de Uyuni ma soprattutto nelle
incredibili Ande occidentali, raggiungibili a 5.000 mt
con la Jeep, tra scenari che mai avrei immaginato.
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ORURO
(108)-09/05/2016
bus Uyuni-Oruro:
Cinque ore
di bus per arrivare ad Oruro, tappa di trasferimento
verso La Paz. Città di 220.000 abitanti a 3.709 mt. slm.
è considerata la Capital del Folklore de Bolivia per via
del carnevale, caratterizzato da danze con costumi
sfarzosi, dove il bene deve sconfiggere il male. La
Virgen del Socavon, patrona de los mineros, sovrasta
Oruro con una gigantesca statua ed il tempio a Lei
dedicato, viene preso d'assalto il Sabato del carnevale.
40.000 ballerini in costume, dopo aver percorso 5 km
ballando con devozione, terminano le loro danze passando
in ginocchio davanti all'immagine della Virgen posta
nella cattedrale. Il mercado Campero y Bolivar risulta
essere il luogo maggiormente frequentato da residenti e
turisti, soprattutto il Mercoledì ed il Sabato, quando
tutte le vie circostanti vengono occupate da una miriade
di bancarelle. L'immensità, i colori, i costumi tipici
boliviani, i prezzi bassissimi e la possibilità di
mangiare e bere in piazza a soli 2 euro, mi hanno
portato a frequentare spesso questo mercato, dove mi
sono trovato proprio a mio agio.
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LA PAZ
(109)-12/05/2016
minibus Oruro-La Paz:
La Paz,
sede del governo boliviano e dei poteri legislativo ed
esecutivo, con 3.689 mt. è la più alta metropoli al
mondo. Nel 2015 è stata ufficialmente riconosciuta come
una delle nuove sette città meraviglia, si estende sulla
montagna con case di mattoni rossi ed ha circa un
milione di abitanti. La parte sud è la zona ricca mentre
la nord è la più povera e popolata. Il centro con la
grande piazza S. Francesco che ospita la chiesa omonima,
è circondato dai barrios, i quartieri costruiti sulle
colline a causa delle migrazioni interne, negli ultimi
anni della dittatura militare. La Paz è circondata dalla
Cordillera Real e fa bella vista l'Illimani, 6462 mt.
perennemente innevato e più alta vetta delle Ande
boliviane. I mercati occupano tutte le vie della parte
alta, operano fino a sera tardi e sono un ottimo punto
per acquisti di ogni tipo. La Paz si vive di giorno e di
notte nelle vie centrali e nei vicoli, molti sono i
locali a basso prezzo e non esistono problemi per la
sicurezza personale, come del resto in tutta la Bolivia.
In città ci si può sbizzarrire con le Teleferico, che
offrono viste mozzafiato o visitando qualche museo ma
l'offerta esclusiva è in mano alle tante agenzie che
offrono trekking, climbing, biking, escursioni e tour
vari fino alla jungla amazzonica ed al lago Titicaca.
Intanto ho visitato tre luoghi fuori città, belli e
diversi l'uno dall'altro. Ho iniziato con Chacaltaya,
una vetta a 5.435 mt. per lo più fatto in minibus, su
una strada sterrata molto panoramica. Breve camminata
per arrivare in vetta ed ammirare la grande Cordillera
Real, con l'Illimani in lontananza e La Paz ai suoi
piedi e poi da vicino l'Huayna Potosi, scrutato con
particolare attenzione. La Valle della Luna è un'area a
pochi km dalla città, caratterizzata da formazioni
calcaree modellate da vento e pioggia, che con
l'erosione ha creato una valle lunare. Ad un ora e mezza
si trova Tiwanaku, sito precolombiano risalente a 2.500
anni fa, con rovine di piramidi e templi. Patrimonio
dell'Unesco è interessante come visita e per i due musei
che spiegano il percorso delle varie civiltà fino ai
giorni nostri. Impressionanti i grandi blocchi e mistero
su come li abbiano movimentati e la Porta del Sole,
ricavata da un unico blocco, con 48 incisioni
rappresentanti figure alate e che sembra abbiano
determinato calendari astronomici.
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HUAYNA POTOSI' 6088 MT.
L'Huayna
Potosì è una vetta della Cordillera Real, si trova a
circa un'ora a nord di La Paz ed è considerata uno dei
seimila più facili, per il fatto che si può raggiungere
la cima in solo due giorni. E' riconosciuta come una
delle più belle montagne della Bolivia e per tentare
questo mio primo climbing in assoluto, ho scelto tre
giorni con una buona agenzia. Il giorno iniziale ha come
base il refugio Casa Blanca a 4800 mt. che si raggiunge
in minibus. Dopo un pranzetto leggero, si prova tutta
l'attrezzatura e si va sul ghiacciaio per un mini corso
di scalata. La guida Ciachi mi spiega i passi principali
per la salita e mi fa bruciare le braccia con una
verticale di ghiaccio con due piccozze. Essendo in
sicurezza non ho paura ma la fatica con le braccia è
tanta e spero di non trovare punti simili nella nottata
del Huayna Potosì. La serata mi porta un leggero mal di
testa per l'altitudine, nonostante sia ormai più di un
mese che staziono tra i 3.600 ed i 4.100 mt. Il mattino
del secondo giorno si preparano gli zaini con tutto il
necessario e si parte per il campo a 5.130 mt. con
l'aggiunta di Coree, un venticinquenne americano. Con un
bel trekking dalle viste spettacolari, impieghiamo circa
due ore per arrivare al Rock Camp, posizionato a dieci
minuti dall'inizio del ghiacciaio. Si mangia alle cinque
di sera e si va in branda con la speranza di dormire
almeno un paio d'ore, avvolto in un caldo sacco a pelo.
Speranza vana, non riesco a chiudere occhio e quando a
mezzanotte Ciachi accende le luci, finisce la lunga
attesa. Non ho mal di testa e mi sento abbastanza bene,
solo un gran freddo, l'ambiente non è riscaldato.
Buttiamo giù un boccone ed un infuso di Coca, che non
avevo ancora provato e parte il rito della vestizione.
Mi metto tanta di quella roba tecnica da poter
affrontare il Polo Nord e sono molto tranquillo, aspetto
solo di iniziare questo primo seimila. All'una si esce
dal rifugio, nottata fantastica con una luna quasi
piena, vento non forte e temperatura intorno ai meno
cinque. Dopo una breve parte su roccia, si arriva al
ghiacciaio, ramponi e piccozza ed iniziamo la lunga
ascesa alla vetta. Sulla grande distesa bianca si vedono
altre cordate già in azione ed è uno spettacolo tutto
ciò che ci circonda, con vette bianche illuminate dalla
Luna. Quando arriviamo a 5.500 mt. scorgiamo in
lontananza le luci di La Paz e poco dopo ecco la parete
di ghiaccio da scalare. Mi fa impressione vederla dal
basso ma essendo legato ed in sicurezza, mi faccio
coraggio e con pica e punte dei ramponi nel ghiaccio,
inizio questa scalata vicina ai 90°. Tutto bene fino a
quando le braccia han resistito poi un grande dolore mi
fa rallentare e solo l'aiuto di Ciachi mi permette di
superare questa prima difficoltà. Dopo un attimo di
pausa si riparte, la cordata è guidata da Ciachi, poi io
e quindi Coree ed inizio a sentire l'americano ansimare,
in evidente difficoltà. La corda diventa sempre più
tesa, lo trascino fino a quando chiede di fermarsi.
Iniziamo a rallentare ed a fermarci più volte, non siamo
ancora a 5.800 mt. e manca la parte finale, dura a
livello di gambe e di respirazione. Ciachi vedendo Coree
completamente sfinito decide di fermare la cordata e di
fare ritorno al rifugio. Insisto che io voglio arrivare
in cima ma la guida non se la sente di lasciare Coree
solo a 10 gradi sotto zero, ma fortunatamente il ragazzo
si dimostra molto comprensivo ed assicura Ciachi che ha
solo bisogno di riposare e che non sta male. Arriviamo
al compromesso che dobbiamo salire e scendere
velocemente e che in quaranta minuti saremo a
riprenderlo. Accetto anche se la cosa non è di poco
conto. Partiamo con un passo veloce, la respirazione si
fa difficoltosa ed il cuore pompa a mille, Ciachi tira
come un forsennato, continua a ripetere che la
responsabilità è sua e non possiamo fermarci.
Fortunatamente di gambe sono abbastanza allenato ed
anche se iniziano a bruciare, non mollo e continuiamo a
salire, superando una, due, tre cordate che vedevamo in
lontananza. Mi fa persino fare delle deviazione su
ghiaccio vivo per superarle e finalmente arriviamo in
vetta, 6088 mt. stretta e pericolosa. Mi rilasso un
attimo vedendo lo splendido panorama con le prime luci
dell'alba, si vede in lontananza l'Illimani, lo Sajama,
il vulcano più alto della Bolivia con 6.542 mt, il lago
Titicaca e la Jungla amazzonica. Ciachi si appropria
della mia macchina fotografica, scatta qualche foto di
rito e poi chiede di partire immediatamente, togliendomi
il gusto di scattare una raffica di fotografie. Sempre
legati, scendo prima io e qui esce il passato da
skyrunner e vado giù senza paura, con i ramponi che
graffiano il ghiacciaio. Incontriamo le cordate che
avevamo superato in salita e ci danno dei pazzi ed hanno
perfettamente ragione, ma il pensiero di Coree al
freddo, non ci fa ragionare molto. Finalmente lo
intravediamo che si sta riscaldando con qualche
esercizio e quando arriviamo ci abbracciamo e lo
ringrazio per la comprensione. Lo troviamo comunque bene
e riposato, quindi dopo un tentativo di bere dalla
bottiglia di plastica, con acqua completamente
ghiacciata, mi faccio l'ultima zolletta di cioccolato e
cominciamo la discesa in cordata a tre. Coree davanti,
io in mezzo e Ciachi alla fine, per un ritmo che torna
calmo e tranquillo, così ho tutto il tempo di fare
fotografie, con la montagna che si è illuminata.
Arriviamo al rifugio verso le dieci dopo nove ore di
ghiaccio e neve e ramponi ai piedi. Ultima ora di
camminata per scendere ai 4.800 mt del refugio Casa
Blanca dove ci aspetta il minibus che ci porta a La Paz.
Sono
molto contento, tutto sommato è andata bene, non ho
avuto freddo, la nottata è stata splendida, sono
arrivato in vetta al mio primo seimila. Certo non avrei
mai immaginato una parte finale da pazzi ma grazie alla
corsa ed ai trekking, me la sono cavata egregiamente. L'Huayna
Potosì non è una montagna tecnica e difficile, ci vuole
acclimatazione e gambe preparate e soprattutto una
guida, altrimenti sarebbe impossibile per i principianti
superare punti particolarmente difficili. Grazie Ciachi.
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COPACABANA
(110)-24/05/2016
bus La Paz-Copacabana:
Copacabana
è il più grosso centro boliviano sulle sponde del Lago
Titicaca. Da La Paz in bus, si impiegano circa tre ore
su una strada terribile, piena di deviazioni per lavori
in corso e di buche. Il Titicaca è il lago navigabile
più alto del mondo, si trova a 3.812 mt. slm, è lungo
204 km. e largo 65. Occupa un'area di 8.372 km quadrati,
dei quali 3.790 sono in Bolivia e 4.772 in Perù. L'acqua
è limpida e trasparente, la luce è eccezionale e le
montagne sembrano vicine, invece sono a 30 km dal lago.
Ci sono molte isole nel Lago Titicaca, la più famosa e
visitata sul versante boliviano è L'Isla del Sol, sacra
agli Inca. Caratterizzata da colline, ha una superficie
di 12 km quadrati e conserva tracce dell'impero Inca,
come il santuario dedicato a Inti (dio Sole), il
labirinto, l'altare dove avvenivano sacrifici animali ed
umani e l'antica strada Inca. Il Camino Inca è la cosa
più bella dell'isola, parte da Nord ed arriva a Sud con
viste spettacolari sul lago e sulle montagne innevate.
Ci vogliono circa 3 ore per completare il trekking, che
ha il punto più alto a 4.075 mt. ed il pregio di avere
un sentiero restaurato e ben tenuto. Copacabana ha un
lungolago polveroso dove abbondano locali, in città non
mancano i mercati e fanno bella mostra la basilica di
Nuestra Senora de la Candelaria e le due colline con
vista sul lago. Il Santuario è uno dei più antichi del
sudamerica e contiene l'immagine della Virgen de la
Candelaria, venerata in tutto il continente. Il
quartiere di Rio de Janeiro, con la famosa spiaggia,
prende il nome da questa città; nel XVIII secolo, venne
costruita una cappella contenente una copia della Virgen
de Copacabana e da allora prese il nome di Copacabana in
onore dell'immagine sacra. I punti panoramici sono la
collina del Calvario e l'Horca del Inca, osservatorio
astronomico degli Inca. Il piatto tipico, presente nel
menù di ogni locale è la trucha (trota), buonissima alla
piastra, super economica e devo dire anche molto buona,
servita senza resche e con contorno. Altra prerogativa
di Copacabana è la presenza di una bella valletta
pianeggiante e non mi sono perso l'occasione di
ricominciare a correre, dopo quasi due mesi. La Bolivia
è stupenda ma le città sono inquinatissime, quasi tutte
arroccate sulla montagna e impossibili per correre. E'
la prima uscita in Bolivia, bella, con vista Titicaca e
lontano dallo smog, anche se correre a 3.800 mt. non è
semplice. Dopo 50 giorni finisce la mia prima avventura
in un paese del sudamerica, bellissima, affascinante. La
Bolivia è una delle nazioni più povere, tutto il
commercio si sviluppa sulla strada o nei piccoli
negozietti, non esiste la grande distribuzione e si vive
veramente con pochi spiccioli. Mi hanno affascinato i
mercati, le zuppe, la quinoa servita in mille modi, la
frutta, i frullati, le spremute, l'almuerzo e la cena a
2 euro ed i tanti km in bus. Unico il paesaggio con le
Ande e le città a 4.000 mt, i trekking ed il mio primo
climbing oltre i seimila, Cochabamba, Sucre, Potosì, il
Salar de Uyuni, Oruro, La Paz e per finire Copacabana
con l'immenso Titicaca. Vorrei tornare indietro e rifare
tutto ma sono sicuro che il Perù non sarà da meno, posti
meravigliosi e gente splendida mi aspettano.
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