Nonostante
i suoi 1.566.000 km², la Mongolia ha la più bassa densità di
abitanti al mondo, con una popolazione di circa 3,2 milioni di
persone (concentrata per lo più a Ulan Bator). Gran parte del suo
territorio è coperto da steppe, con montagne a nord e a ovest e il
deserto del Gobi a sud. Circa il 30% della popolazione è nomade,
dedita prevalentemente all'allevamento ed il 20% vive con meno di 1
dollaro al giorno. La religione predominante in Mongolia è il
buddismo tibetano e la maggioranza dei cittadini dello Stato è di
etnia mongola. L'eroe nazionale mongolo fu Temujin, noto come Gengis
Khan (1162 - 1227), che unificò i territori mongoli e creò uno degli
imperi più vasti della storia, che arrivò a toccare i confini della
Polonia a ovest, della Corea a est, e dalla Siberia a nord fino al
Golfo di Oman e Vietnam del sud, con una popolazione di oltre 100
milioni di persone. La capitale mongola Ulan Bator attualmente è
influenzata dall'inquinamento atmosferico causato dalla combustione
del carbone e della legna nelle stufe utilizzate per riscaldare e
cucinare. Il problema dell'inquinamento atmosferico è caratterizzato
da concentrazioni molto elevate di particolato (PTS), a differenza
della minore percentuale di anidride carbonica e azoto presente
nell'aria. Nella sola Ulan Bator, l'annuale media stagionale delle
concentrazioni di particolato, hanno registrato l'alto valore di
279, benché il livello massimo consigliato dall'Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) sia 20. Pertanto, il livello di PM10 è
14 volte superiore al livello massimo raccomandato.
(fonte Wikipedia)
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ULAN BATOR
(15)-01/08/2017
treno Irkutsk-Ulan Bator:
Dopo 23 ore di treno ed un panorama decente, arrivo di
prima mattina a Ulan Bator. La capitale della Mongolia
si trova a 1350 mt. sul livello del mare, ha inverni
freddissimi con minime medie -25 e ben 220 giorni di
gelate all'anno. Causa riscaldamento abitazioni, e' una
delle città più inquinate al mondo, in particolare nelle
zone periferiche dove si vive nelle ger, le tradizionali
tende dei nomadi. Si usa normalmente carbone o legna ma
anche mattoni rivestiti di pneumatici o rifiuti,
liberando nell'atmosfera grandi quantità di polveri
sottili. Nei mesi estivi il problema e' legato al grande
traffico ed ai veicoli obsoleti, in particolar modo i
vecchi bus, che scaricano nuvoloni neri per le vie del
centro. Come si conviene, il traffico e'
particolarmente indisciplinato, il semaforo giallo non
viene mai considerato, il rosso non sempre e le strisce
pedonali potrebbero anche eliminarle, visto che non si
fermano nemmeno quando ci sei sopra. Tutte le
indicazioni sono in mongolo e pochissimi hanno
confidenza con la lingua inglese, quindi ci si arrangia
a gesti, con tanta pazienza.
Ulan Bator e' la classica città asiatica, con zone
periferiche povere ed altre centrali ben diverse, con
palazzi, alberghi, molti centri commerciali e
ristoranti. Piazza
Sùhbaatar, proprio di fronte al parlamento, ospita la
statua di Gengis Khan seduto sul trono mentre
centralmente si ricorda Damdin Sùhbaatar, politico ed
eroe nazionale. Il monastero buddhista tibetano di
Gandan e' il piu' grande della Mongolia ed ospita circa
150 monaci, mentre il Monastero Choijin Lama ha un
grande significato storico ed e' ora adibito a museo.
Nei miei giorni di permanenza nella capitale soffro
molto l'inquinamento atmosferico, con mal di testa
serale, infiammazione vie respiratorie e bruciore agli
occhi. Oltre a camminare molto per la lunga Peace Avenue
ho anche la cattiva idea di fare due uscite di corsa, a
contatto con i veicoli e prevalentemente sui
marciapiedi. Ulan Bator non ha nessuno spazio verde se
non le colline che la circondano, ma arrivarci e'
impossibile e quindi decido di accantonare la corsa in
attesa di posti migliori. Per ritemprarmi mi affido ad
una escursione di 8 giorni nel deserto dei Gobi, il
secondo più grande al mondo dopo il Sahara. Saremo in
quattro oltre al driver ed alla guida, viaggeremo nella parte
centrale per 1900 km e
dormiremo nelle classiche tende dei nomadi.
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DESERTO DEI GOBI
07/08/2017
minivan:
Il deserto dei Gobi si estende tra Mongolia e Cina per
1.300.000 km2
e rientra tra i primissimi più grandi al mondo. Come
tipologia e' stepposo, ha un'altitudine media tra i 900
ed i 1500 mt. ed e' considerato un deserto freddo
essendo posizionato su un altopiano. Il vento siberiano
porta le temperature invernali fino a -40° mentre in
estate si possono toccare anche i +50°. E' la meta per
eccellenza in Mongolia e dopo vari contatti con agenzie
di Ulan Bator, riesco a partire con un tour di 8 giorni.
Il gruppo e' formato dalla guida Edy, dall'autista
Shanga, da Eva e Maurice, coppia parigina, da Maurizio
di Verbania e dal sottoscritto. Un minivan abbastanza
confortevole ci accompagnerà per 1900 km, in buona parte
su strade sterrate e prive di segnalazioni. Il primo
giorno ci dirigiamo a sud, non lontano dal confine
cinese e facciamo 600 km di asfalto, con buche enormi.
Oltrepassiamo Dalanzadgad e ci addentriamo nel deserto
per passare la notte ospiti di una famiglia nomade. In 4
dividiamo la Ger, tenda dei nomadi, con letti in legno
coperti da uno strato di lattice e dotati di coperte
pesanti per la notte. La corrente elettrica e' garantita
da pannelli solari che caricano una batteria della
macchina, il fuoco per cucinare e' dato da legna o
sterco di animale e la toilette non e' altro che uno
sgabuzzino in legno, con una buca profonda 3 metri,
coperta da assi con una striscia centrale vuota. Il cibo
e' esattamente quello che mangiano le popolazioni delle
steppe, con carni e derivati del latte di capra o
pecora, pasta fatta in casa di grano tenero, zuppe e
minestre di latte e riso. Non esistono altri servizi e
per igiene personale ci si deve arrangiare con acqua
nelle bottiglie e salviettine igieniche. Quello che non
manca e' la cortesia dei nomadi che per mangiare ci
ospitano nella loro tenda, dove un piccolo tavolo e
qualche sgabello ci facilita la cena. La serata e'
fredda, il cielo coperto con qualche piovasco ci
consiglia l'agognato riposo e la nottata vola via
liscia, anche per la stanchezza accumulata con 10 ore di
viaggio. La colazione del mattino e' molto calorica con
latte di capra, formaggi, biscotti e dolci fatti in
casa, una buona ricarica per affrontare la prima
giornata vera di sterrato. In questa parte di deserto,
la steppa verde ha un buon alleato nella pioggia, il
fango e' un insidia costante sui tanti sentieri di
comunicazione ed il terreno e' irto di buche, dossi e
pietre. Visitiamo il parco con la Yoll valley sotto un
bel acquazzone, guadando fiumiciattoli, incuneandoci tra
le strette gole delimitate da grige pareti e con il naso
all'insù alla ricerca delle aquile. Riprendiamo il
viaggio in direzione Khongor dove ci aspettano le dune
di sabbia e purtroppo una giornata pesante per le
condizioni proibitive del terreno. Ci impantaniamo un
paio di volte uscendone fortunatamente a spinta, ma il
minivan privo di trazione 4x4 ci preoccupa non poco,
anche se Sangha si dimostra un bravo driver. Arriviamo
alle dune a tarda ora ed e' un peccato per gli effetti
fotografici che non premiano il paesaggio incredibile di
questo posto. Le montagne di sabbia sono belle alte,
dalle cime la vista sul deserto e' infinita e si nota il
cambio di paesaggio con terreno arido e privo di
vegetazione. Ci sistemiamo da una famiglia abbastanza
benestante con tante capre, pecore e cammelli, che
sfrutta questi ultimi anche con tour turistici, al quale
rinunciamo in cambio di un piccolo tratto con vista su
un tramonto pazzesco. Anche qui tanta cordialità, si
mangia quel che hanno disponibile e si comunica
attraverso Edy che ci fa da interprete. La terza
giornata continua su tratti aridissimi e polverosi, con
trasferimenti lunghissimi fino alle rosse scogliere di
Flamming cliffs e successivamente Ongi Monastery, con le
rovine di costruzioni risalenti al 1760. Fortunatamente
troviamo un bellissimo tourist camp in riva al fiume
omonimo, con ger per 2 persone, bagni da sogno e
soprattutto docce calde. Una salutare rinfrescata ed una
cena nell'ottimo ristorante, ci rimettono in sesto dopo
i terribili salti nell'abitacolo del minivan,
sballottato da sentieri impossibili, che peggiorano di
giorno in giorno. Un viaggio molto duro fisicamente da
sopportare, assolutamente da evitare se hai un minimo di
mal di schiena. E non va meglio nemmeno nel parco Orkhon,
dove trovare un sentiero decente e' mission impossible,
per non parlare di quante volte abbiamo guadato
torrenti, con il cuore in gola. Una passeggiata alle
cascate stempera un attimo la tensione mentre si torna a
dormire da una famiglia nomade, circondati da mucche e
yak. Il quinto giorno arriviamo a Karakhorum, antica
città fondata nel 1235 e capitale dell'impero mongolo,
fino alla distruzione da parte dei Ming cinesi nel 1368.
Le pietre delle rovine furono usate nel 1585 per
costruire il monastero di Erdene Zuu, caratterizzato da
un perimetro di 402 mt e 108 stupa, con all'interno 62
templi ed altre costruzioni. Nel 1939 il monastero fu
devastato dai sovietici, come altri in tutto il paese,
con l'uccisione di un migliaio di monaci. Quel che resta
sono poche costruzioni, restituite ai monaci buddisti
nel 1990. La mattina successiva entriamo in una zona
verde collinare con fermata al lago Ugii e camminata a
Tuvkhun monastery, costruito su una montagna a 2300 mt
slm, nel pieno di una foresta. Ormai il deserto e' alle
spalle e manca solo una notte prima del rientro a Ulan
Bator. Finalmente ritroviamo l'asfalto ed il lungo
trasferimento ci porta nelle vicinanze del parco
nazionale Hustai, dove veniamo ospitati da una famiglia
straordinaria. Ci sistemiamo nelle uniche 2 ger a
disposizione, circondati dal calore umano della nonna,
della figlia e delle 3 nipotine. Il loro tesoro e'
rappresentato da capre, pecore, vitellini e soprattutto
mucche, che danno circa 40 litri di latte al giorno. Qui
son veramente tornato indietro di 50 anni, quando anche
mio padre aveva gli animali e la vita era dipendente da
loro. Le signore ci han deliziato con una zuppa
buonissima, formaggi, latte ed uno Yogurt da leccarsi i
baffi. Le bambine invece han trovato una serata diversa,
che non capita di frequente, e si sono attaccate a noi
affettuosamente. Ho regalato loro caramelle e biro e la
più grandicella ha disegnato i suoi pascoli, gli
animali, il sole, la luna ed una casa a 2 piani. Il loro
sogno e' vivere in una casa, protette dal vento
siberiano e dal gelo che porta le temperature invernali
fino a -40°. La notte ha poi consacrato questa ultima
serata con una stellata mai vista, che solo il deserto
con il suo silenzio riesce a rendere magica. Al mattino
dopo una colazione home made, la nonna ottantaduenne ha
tolto dal magazzino gli abiti tradizionali ed ha voluto
che tutti ci vestissimo per le foto ricordo. Grandi
momenti che non dimenticherò, veri e colmi di affetto.
Ultimo atto la visita del parco nazionale Hustai, con
due belle escursioni sui monti, dove vediamo i cavalli
selvatici ed i cervi. Rientriamo nella capitale nel
tardo pomeriggio, stanchi, bisognosi di una bella
doccia, ma assolutamente contenti per aver vissuto la
vera Mongolia, con momenti estremamente toccanti.
Rimango ad Ulan Bator ancora un paio di giorni, prima di
intraprendere l'ultimo tratto di treno per la Cina e
concludere il mio primo obiettivo, i novemila km da
Mosca a Pechino.
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