Nel
2009 l’esperienza di Boston, mi aveva permesso di vivere uno dei momenti che non
si scordano, immerso nella storia della più celebrata Maratona mondiale.
L’organizzazione maturata in oltre 110 edizioni la fanno sentire unica ed il
livello è impressionante, dai trasporti alla partecipazione del pubblico, dalla
competenza degli organizzatori alla qualità dei partecipanti. New York, la devo
scoprire, è una vetrina a cui possono accedere tutti, basta pagare, e sei sicuro
di arrivare comunque in Central Park, viste le 8 ore a disposizione. Boston mi
ha però fatto aprire gli occhi, si può partecipare anche senza appoggiarsi alle
agenzie specializzate, basta avere il tempo di qualifica, che è dato dal
risultato sulla maratona negli ultimi 13 mesi, rapportato all’età. Visito il
sito della New York Marathon e capisco che anche in questo caso posso iscrivermi
da solo ed avere il pettorale, cosa che mi permetterà poi di organizzarmi per
volo ed albergo. Aspetto il 10 Gennaio 2010 quando si aprono le iscrizioni per
agli atleti con tempo e compilo online tutti i campi necessari, evidenziando la
maratona migliore nel periodo. Dopo 10 giorni mi arriva sms, iscrizione
accettata. Parte così la mia avventura. Il primo obiettivo è subito raggiunto,
risparmiare e pensare solo alla maratona e non al turismo, visto il ricordo
ancora fresco della visita alla città proprio dopo Boston. Iscrizione maratona -
200 euro; Viaggio aereo con Aer Lingus partenza Venerdi 05 e rientro Martedì 09
– 450 euro; albergo 3 notti vicinanze metro ( fondamentale ) Union Square, a
Manatthan, in camera singola - 350 euro – Totale 1000 euro con un risparmio di
almeno 1500 rispetto a qualsiasi agenzia. Non sei coccolato, servito e ti devi
dar da fare, ma non è assolutamente un problema e lo dice uno che non sa una
parola di Inglese ( o almeno ne sa poche ). Internet è mostruoso, ti offre tutte
le informazioni necessarie, su viaggi, alberghi, piantine della città,
trasporti. Nel frattempo quasi ogni settimana ti arrivano notizie via e-mail
fornite dall’0rganizzazione e piano piano ti senti coinvolto per le continue
visite al sito. Ed arriva il giorno della partenza con il volo leggermente più
lungo per lo scalo a Dublino, ripagato da un ottimo servizio ed aerei
confortevoli. La mattina del Sabato è dedicata al ritiro pettorale all’expo,
sulla 34^ street al Javits Center, facile da raggiungere con Metro o con le
varie navette gratuite. Arrivo presto, subito dopo l’apertura, non trovo quasi
nessuno ed espletato il riconoscimento tramite passaporto, vengo guidato verso
l’area arancione dove ritiro il numero 12173. E’ tutto ben organizzato, settori
ben visibili, colorati, personale istruito ed efficiente. Senza volerlo ti
accorgi che sei all’interno dell’expo tanto ti invitano a liberare l’area
consegna pettorali, ed inizia la ricerca delle occasioni. Con il rapporto del
cambio favorevole, ogni cosa sembra conveniente ma più di tutto l’affare lo fai
con le scarpe. Mi era già successo a Boston di prendere le Mizuno Rider, ultimo
modello, a prezzo imbattibile ma qui andiamo oltre, 90 dollari per la 14 che in
Italia non è ancora arrivata. Da noi se prendi la 13 la paghi almeno 40 euro di
più e quasi ti fanno sentire in colpa perché chiedi lo sconto massimo. O
qualcuno ci perde o qualcuno ci guadagna e non poco. La città incanta sempre, lo
sguardo è rivolto verso l’alto, alla ricerca del grattacielo che svetta ed
ascolti i rumori che nei film non mancano mai, quelli della strada, dei tassisti
che continuamente suonano il clacson, delle sirene che rompono i timpani, dei
poliziotti che fischiettano ed i vocioni del popolo che canta e cerca qualche
spicciolo. Mi addentro nelle piazze decentrate, nei mercati, dove New York si
toglie la maschera e ricorda che anche qui si soffre, per il freddo, per la
fame, per il lavoro. In metropolitana vedi la fotografia reale, non tutti sono
belli precisi, se portano le ciabatte o le scarpe bucate non hanno sicuramente
caldo. La notte regala il cambio dell’ora che torna indietro e fissa il fuso a
-6 e questo non fa altro che aumentare il dormiveglia. Per arrivare al traghetto
gratuito a Staten Island, decido di non servirmi dei bus dell’organizzazione e
opto per la metropolitana, che da Union Square dista poche fermate. In un attimo
arrivo all’imbarco e dopo un’attesa di circa 30 minuti alle 8,00 sono già
sull’Isola dove una lunga colonna di bus porta gli atleti al ponte di Verrazzano.
La partenza è data in 3 orari diversi e fortunatamente sono nel primo, alle
9,40, quindi con i top, gli amatori sotto le 3h30’ ed i locali. Quest’ultimi,
uomini e donne, sono oltre 10.000 ed hanno il privilegio di partire al primo
botto di cannone. Me la prendo comoda, consegno la borsa, mi bevo un bel
bicchierone di caffè Americano ( colazione gratis per tutti ), mi metto in fila
per il bisognino, cosa che non faccio mai. Alle 9.00 mi avvio alla griglia ed
all’ingresso un Chips di quelli tosti mi ferma, CLOSED. Ma come, devo partire
nel primo gruppo!
Dalle
8.55 non entra più nessuno e si parte nella seconda ondata, alle 10,10. Questa
mi era sfuggita, sembrava strano che tutto filasse via senza nessun intoppo,
sarebbe stata la perfezione. Con la lacrimuccia sento il cannone che da il via
alla gara e dopo 10 minuti veniamo scortati sulla linea di partenza, all’inizio
del ponte di Verrazzano. Mi consolo, sono proprio a 5 metri dal tappeto e dopo
lo start percorro tutto il ponte non avendo davanti quasi nessuno, cose da non
credere. Mantengo una buona andatura e già al settimo km incrocio i lenti del
primo gruppo, non ci faccio caso, sono attratto dall’immenso pubblico ai lati
della strada che incita a non finire, uno spettacolo. La giornata è bellissima,
il sole riscalda l’aria che al mattino era gelida e si deve bere, di continuo.
Si passa il quartiere di Brooklyn i ristori si susseguono ad ogni miglio ( i km
sono segnalati solo ogni 5 ) il percorso è ancora bello veloce e prima di
entrare nel Queens repentinamente cambia e diventa traditore. I lunghi vialoni
ed i ponti cominciano ad essere dei dossi o addirittura delle salite ed il ritmo
ne risente. Intanto quelli che da superare erano pochi, son diventati una massa
enorme ed obbligano a rallentare ed a accelerare per riprendere il passo.
Risultato: crampi. Il Bronx mette in fila tutti, prima che la strada si
restringa all’ingresso di Central Park e porti con se le ultime sofferenze,
mitigate dall’urlo Go Go foddippe ( vedono la scritta anteriore sulla maglia ).
I visi cambiano, dalle smorfie si trasformano in sorrisi, quelli di essere alla
fine e di aver vissuto in trance agonistica tutti i 42 km, spinti dal continuo
incitamento di una folla partecipe e calorosa e da una vista impagabile. Termino
in 3h31’, felice per le tante emozioni. La partenza con la statua della Libertà
nella baia, il ponte di Brooklyn, il Queens ed il Bronx, Manatthan, i mille
grattacieli, tutti illuminati dal sole e con lo sfondo di un limpidissimo cielo
azzurro. Una cartolina. Questa è New York, Boston è un’altra cosa, è storia, è
qualità e sta diventando anche difficile esserci, in 8 ore han bruciato le
ventiseimila iscrizioni possibili per il 2011, volevo ritornarci. Spero non
succeda altrettanto con New York, il prossimo anno vorrei partire alla prima
cannonata e sicuramente mi presenterò all’ingresso griglia in orario, non per il
risultato ma per l’emozione. |