E’
dalla 50 km di Romagna che non indosso il pettorale e 2 mesi di astinenza si fan
sentire, ti riempiono di dubbi, specialmente se alle porte c’è la Lavaredo Ultra
trail, gara di 90 km con 5000 di dislivello positivo. La preparazione è stata
deficitaria, si spera nella memoria del nostro fisico, degli allenamenti lunghi
in vista del Passatore, poi rivelatisi inutili per la mancata partecipazione.
Sciolgo la riserva solo in settimana, decido di aggregarmi a Rasta, Grisù e Simo
e partiamo per l’avventura sulle Dolomiti Bellunesi. Arriviamo ad Auronzo di
Cadore di tardo pomeriggio e nel palaghiaccio prendiamo contatto con la rigidità
dell’organizzazione che verifica tutto il materiale obbligatorio. Zainetto,
maglia manica lunga, pantaloncino a tre quarti, giacca antivento, coperta
termica, fischietto, luce frontale, batterie di ricambio, un litro d’acqua e
barrette. Ricevuto il pettorale ci mettiamo in fila per il pasta party ed alle
20.00 la cucina sforna una gustosissima ed abbondante porzione di penne al
pomodoro, accompagnate da una buona birra. Non soddisfatti ci rifugiamo in un
locale tipico per una pizza, Coca e Caffè. Sono già le 22.00 ed arrivati al
palaghiaccio ci accorgiamo che il clima gara è già presente, parecchi son in
attesa del briefing, di tutto vestiti. Assistiamo alla presentazione e
l’organizzatore ricorda, se proprio qualcuno non l’avesse capito, che il
percorso è molto duro, con salite da affrontare solo se in condizione,
altrimenti meglio fermarsi,non continuare. Qualche tremolio alle gambe mi viene
ma alla mezzanotte tutto scompare, la Lavaredo ha inizio ed i 500 iscritti si
incanalano lungo la ciclabile per avvicinarsi al sentiero che porterà alle Tre
Cime di Lavaredo. La serata è freschina, siamo intorno ai dieci gradi, il cielo
non è limpidissimo. All’improvviso sbuca dalle montagne una gigantesca luna
piena e l’animo si riempie, mi vengono in mente le nostre uscite ed inizio a
fantasticare, a ricordare le montagne Bergamasche, i nostri luoghi. L’adrenalina
sale, come la strada che ci porta sempre più su, nel buio infinito della notte
ed inizia lo spettacolo. La vallata si illumina di centinaia di luci, le lampade
frontali disegnano il percorso e guardando in alto vedi le stelle, a contatto
dei primi, e sotto un immenso serpentone, che silenzioso rispetta la maestà
delle Tre cime di Lavaredo. E’ un emozione forte lambire queste vette, quando le
intravedi illuminate dalla luna non senti più la fatica, ringrazi solo di
esserci, ed ammiri, con il
cuore
in gola, il fantastico regalo della natura. Come se non bastasse, sul pianoro
entriamo a contatto con la neve, una muraglia ci toglie la visione ed i brividi
questa volta sono per il freddo, sprigionato dai due lati che abbracciano il
nostro passaggio. Lasciamo questa meraviglia ed affrontiamo la discesa, serve
cautela, il fondo è ghiaioso e con molti sassi, la luce delle lampade
insufficiente e mancano ancora oltre 70 km. Passato il rifugio Locatelli ed
arrivati nella vallata si risale su un sentiero erboso e ci ritroviamo di fronte
le bianche montagne Dolomitiche, a fianco un ruscello e l’alba che inizia a fare
la sua comparsa. Sono le 4.45’ ed è ora di abbandonare la frontale, approfitto
del quadretto naturale e mi siedo su un sasso, tolgo la marmellata dallo zaino,
l’acqua e faccio uno spuntino. Devo centellinare le forze, non mi interessa il
tempo, voglio finire la gara e gustarmi fotografie che rimarranno indelebili.
Riparto con obiettivo ristoro al 42° km, le frecce mi portano in un tratto
boschivo fino a sbucare al Lago di Misurina, quindi ancora bosco per un totale
di circa 10 km. L’umore è cambiato, non sopporto il chiuso delle abetaie, il
Trail 3 Comuni dello scorso anno mi ha nauseato a tal punto che, superata l’ora
di corsa senza vedere l’azzurro del cielo, vado in paranoia, comincio ad
imprecare e perdo le motivazioni. Finalmente incontro Luigi e Ilenia al ristoro,
mi fanno tornare il sorriso, mangio due uvette, riempio le borracce, mi cambio e
resto a mezze maniche. E' tarda mattinata, il pensiero va agli amici del Fosso,
staranno aspettando le classifiche, le ritroveranno solo la Domenica. Il sole
picchia sulle nostre teste ed inizia una lunga salita che ci porta nella Val di
S. Vito ed alla Forcella Grande. Durissima ed infinita, compensata
dall’improvvisa vista della Torre dei Sabbioni, imponente cilindro che domina
l’altopiano e che non smetto di guardare. Non ne avevo mai sentito parlare, ed è
forse per questo che rimango abbagliato, non posso fare a meno di fermarmi,
prendo ancora la mia marmellata, un sorso d’acqua e via. La discesa è brutta,
frastagliata e serve attenzione, in vari punti ci sono volontari del soccorso
alpino che vigilano sui concorrenti. Il rifugio S.Marco ne segna la fine ed il
traverso ci porta verso la forcella piccola che si vede in alto, in lontananza.
La temperatura è aumentata, bevo in continuazione rifornendomi dai ruscelli che
scendono dalla montagna, ed alla fine saranno oltre 15 i litri ingeriti ed
altrettanti gli stop per fare plin plin. In uno dei tanti ruscelli da superare
mi bagno completamente le scarpe ed iniziano i guai, compaiono le vesciche ed in
discesa non posso che camminare. Fisicamente sto bene, incredibilmente non ho
crampi, il morale è buono e dopo il ristoro del 62° km mi preparo per quella che
al Briefing è stata definita la salita durissima, da fare solo se in buone
condizioni. 800 metri di dislivello in 3 km, purtroppo tra gli alberi, li
affronto bene, le gambe girano, in 40 minuti
sono
in vetta e mi dico “ ormai è fatta “. Col Cavolo, l’avessi mai pensato, inizia
il tratto più brutto di tutta la Lavaredo, su e giù in un sentiero strettissimo
ed erboso, nel bosco, poi una
carrabile, quindi ancora saliscendi a non finire. Sotto vedo Auronzo di Cadore,
prima o poi si scenderà, ed invece un’agonia lenta accompagna questi ultimi km,
il dolore ai piedi aumenta, queste variazioni mi innervosiscono. Finalmente un
lungo discesone mi porta verso il traguardo, faccio passettini brevi per non
peggiorare la situazione, fino a quando, finalmente, ritrovo la ciclabile, per
gli ultimi km in piano. Mi metto a correre e tutto d’un fiato arrivo al
traguardo, all’interno del palaghiaccio, dove mi accolgono le urla di Ilenia,
Matteo, Luigi, Rasta, Grisù e Simo, dopo 18h51’53’’ ed in 153^ posizione. Son
contentissimo. Finisce qui la Lavaredo Ultra Trail, con tante emozioni, immagini
difficili da dimenticare e qualcosa da rivedere. Ma forse è solo una questione
personale. |